Quella che sto per descrivere è la recente storia di come ho affiancato al mio Isoscooter un esemplare della Diva (concedetemi di chiamarla semplicemente così, anche se il nome ufficiale è Motociclo Iso Scooter 150/F, come risulta da una scheda d’omologazione del 1960, IGM 1303 OM).
Nell'ottobre del 2000 già irrimediabilmente contagiato dall'universo ISO, mi recai al raduno internazionale di Isomillenium a Bresso con tutta la famiglia. In quell’occasione ebbi la fortuna di salutare e stringere la mano ai membri della famiglia Rivolta presenti alla manifestazione, potei parlare con l’Ing. Raggi (Progettista dell’Isetta e delle varie Gran Turismo), apprezzare la collezione della famiglia Ghezzi, grandi appassionati ed intenditori. Vidi emozionato Piero Rivolta condurre con la madre un'Isetta per il piazzale antistante all’edificio industriale accompagnato dal compiaciuto sorriso e dal fragoroso applauso dei presenti. E per finire una visita fugace all’interno dell’ex stabilimento e al sottopasso costruito per accedere all’area dove una volta vi era la pista dei collaudi. La manifestazione fu funestata dal mal tempo ma la partecipazione fu numerosa con massiccia presenza di stranieri amanti delle potenti quattro ruote, nonché per esporre l’esemplare dell'Iso-Marlboro/Ford di Arturo Merzario.
Finalmente potei vedere dal vivo (e di nascosto toccare) le moto e le auto della produzione Iso, gustarne così la seppur breve evoluzione. Tutti i modelli della produzione Iso vi erano rappresentati dal Furetto all’Iso 125, dall’Isomoto al 200, dall’Isetta all’Isocarro e altri ancora.
Ma fra tutti c’era uno scooter che non avevo mai visto prima, esposto per l’occasione dai Ghezzi, di un elegante colore avorio/rosso, un po’ Vespa e un po’ Lambretta. A dire il vero era mortificata dai più che preferivano soffermarsi e commentare altri modelli. Nacque così il desiderio di possedere una Diva, questo il suo nome, e sognavo di come fosse prestante con quel suo motore di 150cc. Condivisi la cosa a mia moglie e scoprii che anche lei l’aveva osservata e che gradiva molto quell’autoadesivo applicato sullo scudo destro che ritrae la figura di ragazza sullo scooter con il cane che sporge dal bauletto.
Ebbene un anno dopo, mentre mi trovavo a Ferrara da un ricambista Lambretta, riconobbi fra tante vecchie Lambrette disposte ordinatamente in fila sotto una tettoia la sagoma di una Diva. Chiesi subito informazioni e mi fu spiegato che era capitata lì per caso perché il proprietario credeva di disfarsi di uno scooter Innocenti e se ne sarebbero liberato volentieri. Anzi poco lontano ce n’era un’altra, una prima serie ma priva di documenti ed incompleta. L’esemplare su cui m'ero soffermato si trattava invece di una seconda serie del ’59 con tutti i documenti, (successivamente seppi radiata d’ufficio) targata Bologna e veramente completa di ogni sua parte, il motore non era bloccato ed al pedale presentava una buona compressione, color avorio/azzurro, era la Diva per me.
A dicembre del 2001 lo scooter oltrepassò il Po.
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Dalle immagini non sembra in cattivo stato, infatti, la carrozzeria non aveva problemi di ruggine visibile, ma sotto la pedana dove è esposta allo sporco aveva bisogno d'intervento radicale, i cofani e il parafango anteriore erano riverniciati del colore sbagliato ed iniziava a scrostarsi, la ghiera del faro aveva diverse crepe, il para gambe è stato raddrizzato alla meglio dopo una caduta, le ruote presentavano ruggine in profondità ed il motore non si avviava. Detto ciò decisi di procedere al suo restauro che iniziò nella primavera del 2002. Prima di iniziare mi sono preoccupato di possedere il manuale Uso/Manutenzione necessario per la corretta messa a punto nonché lo schema elettrico, il manuale di officina, indispensabile per la procedura di revisione del motore ed il catalogo delle parti di ricambi dal qual è possibile individuare qualsiasi particolare per l’esatto posizionamento in fase di rimontaggio, bulloneria compresa. Comunque il restauro di una Diva non richiede perizie particolari essa, infatti, è di costruzione tradizionale, ma come grado di difficoltà la possiamo inserire a metà strada tra la semplicità di una Vespa e la straordinaria complicanza della Lambretta.
Vi elenco ora le parti avariate riscontrate.
La copertura della sella presentava rotture in corrispondenza delle sporgenze dell’intelaiatura, è stata fedelmente ricostruita da un bravo artigiano della Brianza a 120 Euro.
Il perno della sospensione anteriore molto lasco dovuto ad insufficiente manutenzione/lubrificazione è stato sostituito con un ricambio originale reperito a 15 Euro (probabilmente è uguale a qualche modello Vespa dell’epoca).
La ghiera del faro, come ho già detto, presentava ben otto crepe sul dorso: non sono riuscito a reperire un ricambio ed ho dovuto impegnarmi in un paziente lavoro di saldatura in argentame e lucidatura.
Il vetro del fanale era del tipo da 105 CEV anziché da 110 Aprilia, tale misura (IGM0143PM) inusuale è difficile da reperire oggi, non vi dico su quante cassette ho rovistato ai mercatini. Ma un gran colpo di … fortuna ha fatto sì che un ricambista d’auto d’epoca della mia città ne avesse uno, li rimasto perché mai richiesto da nessuno, 5 Euro.
Il vetro del contachilometri era rovinato, essendo un normale Veglia l’ho sostituito con uno uguale per Lambretta LD (4 Euro).
La gomma sul pedale d’avviamento, su quello del freno, il soffietto sul condotto d’aspirazione e le scarpette del cavalletto erano mancanti, questi articoli sono ancor oggi forniti dall’Ariete ed acquistabili attraverso la normale rete di vendita, i prezzi sono proporzionati alla reperibilità del ricambio .
Entrambi gli ammortizzatori erano inefficienti, per questi è stato fatto un lavoro di revisione con sostituzione dei gommini di tenuta e ricostruzione delle boccole lasche.
I due tappi a fine corsa dell’oscillazione del motore erano rovinati, probabilmente per il lungo contatto con olio e benzina, li ho sostituiti adattando e sagomando altri di produzione commerciale.
Le due boccole in ottone sul perno d'oscillazione del motore erano usurate per mancanza di lubrificazione, prima li ho fatti ricostruire da un tornitore poi invece ho adattato una coppia di silent-blok (20x40x32) per migliorarne l’isolamento meccanico col telaio.
Le pedane sono fissate al telaio con l’interposizione di rondelle antivibranti in gomma, per la loro sostituzione si adattano bene le stesse che monta la Lambretta LI.
La plastica del fanalino posteriore era sbiadita e necessitava la sua sostituzione, ho invece ravvivato il suo rosso trasparente spruzzando sella superficie interna un particolare colore usato per la decorazione del vetro. Il risultato ottenuto è stato molto soddisfacente. Comunque la plastica originale Aprilia non è di difficile reperimento ai mercatini.
La guarnizione del fanalino invece è stata sostituita con ricambio originale, Euro 10.
Il motore, del tutto convenzionale, non necessitava di particolari lavori se non la lucidatura del cilindro e la sostituzione delle fasce elastiche.
Ho avuto un po’ di difficoltà invece per la sostituzione dei para oli, alcuni di misura non più in produzione: quello lato destro sull’albero motore è della larghezza di 10mm mentre in commercio l’ho trovato solo da 7 mm, ho recuperato la differenza con distanziale. Anche per il para olio all’uscita dell’alberino dell’avviamento bisogna arrangiasi facendo degli adattamenti.
I dischi frizione sono stati sostituiti e sono gli stessi dell’Iscoscooter.
Ho notato invece un certo cedimento delle molle spingi dischi che non ho comunque sostituito. Consigliato da un vecchio meccanico, anziché tentare di allungarle tirandole, le ho recuperate martellandole sui fianchi nel senso trasversale.
A titolo informativo il volano va estratto con apposito estrattore (della misura 27P.1,25) che è lo stesso per la Lambretta LI.
Le parti non verniciate e le minuterie vanno tutte trattate galvanicamente. In particolare sono da cromare i bulloni delle leve comando, la ghiera del faro, il coperchietto devio luci e le due viti, la cornice del contachilometri e le serrature. La bulloneria, il cavalletto, l’ammortizzatore anteriore, la leva frizione, il pedale avviamento e il freno posteriore, le levette sui tamburi e i supporti vari sono tutti zincati.
Le parti in alluminio sono semplicemente lucidate.
La carrozzeria è nella combinazione bicolore più diffusa avorio/azzurro. L’azzurro per i cofani e la mascherina anteriore, l’avorio sul resto della carrozzeria compreso la carenatura del manubrio, i cerchi, i mozzi, il telaio e i porta targa. In nero la cuffia di ventilazione, il parafango posteriore, il porta batteria e la cassetta d’aspirazione. Il serbatoio benzina è in antiruggine grigio opaco, mentre sono in grigio alluminio il telaio della sella compresa la piastra d’aggancio e l’ammortizzatore posteriore. La marmitta (Lamfranconi IGM0345S) é in nero opaco per alte temperature. In azzurro la scatola del raddrizzatore.
L’assemblaggio non è complicato ed ho imparato che il motore deve essere montato prima del serbatoio altrimenti non passa.
Avvenne così che nell’estate del 2002 lo scooter era completato, non mi rimaneva che avviarlo.
Era grande la curiosità di sentire il suo rombo e poterlo cavalcare. L’ho portata fuori il garage/officina, aperto il rubinetto della benzina, chiuso l’aria e scalciai. Primo colpo niente, secondo nemmeno, ma ricevetti uno strano contraccolpo, al terzo si avviò. Il motore girava subito allegro e regolare l’acceleratore rispondeva bene, regolai subito sommariamente il minimo perché tendeva ad aumentare pericolosamente di giri. Il suo non è proprio un rombo, mi ricordava per lo più la mia Vespa 50 di quando ero ragazzino.
Provai subito a salire sopra ed a mettere la prima, dopo pochi metri la seconda e accelerai vigorosamente e quindi in terza. Mi vide mio figlio che volle subito salire dietro … e via per la campagna.
Fin dai primi momenti si evidenziò la necessità di curare la regolazione dei cavi comandi che risultavano imprecisi sia nell’azionamento dei freni sia negli innesti delle marce.
Il motore non ha una coppia vigorosa, ma raggiunge la velocità di 80Kmh senza esitazioni, anche se agli alti regimi vibra un po’. La posizione del pedale d’avviamento non è proprio felice e la vicinanza alla pedana obbliga un non ottimale appoggio con il piede. Il comando dell’aria e della benzina non sono agevoli da raggiungere, probabilmente andavano bene nella prima versione che montava la sella singola. La frenata anteriore è sicura anche se la sospensione affonda come sulla Vespa, mentre quella posteriore blocca facilmente e necessita un po’ di pratica. Ha uno strano comportamento nell’inserimento in curva come se non volesse piegarsi, a me sembra sia dovuto all’inclinazione dello sterzo non corretto.
Con largo anticipo iniziai la pratica di reimmatricolazione, conoscendone i tempi, ed a settembre superai la prova di collaudo alla MC, dopo sei mesi però non è ancora completamente conclusa, mi manca ancora il certificato di proprietà dal PRA.
Nel frattempo ho cercato di acquistare degli accessori per arricchire esteticamente questo scooter, all’epoca la Viganò ne costruiva parecchi, ma ora sono difficili da reperire. Comunque da un ex moto ricambista di Modena ne ho reperito alcuni. Con la sua autorizzazione segnalo il suo recapito poiché ha ancora del materiale soprattutto ricambi per il motore: Sig. Giancarlo 335290477.
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Ora è già circolante e la usa prevalentemente mia moglie che la preferisce per i suoi comandi del cambio a manopola rispetto a quelli a pedale dell'Iscoscooter.
Con l’Iso F/150 ho già fatto qualche uscita e mi piace confondermi tra i vespisti e lambrettisti ai loro raduni destando a loro molta curiosità e interrogativi.
La maggior parte delle persone dichiara infatti di non averne mai visto, ma con piacere c'è sempre qualcuno che si ricorda d'averla notata in gioventù.