Nonostante il mio poco interesse per i ciclomotori, sono
state per me irresistibili le lusinghe di possedere un Isociclo.
Ne sono diventato fiero proprietario grazie al rapporto
d’amicizia e collaborazione col registro storico Iso. Lo andai a ritirare di
persona nel 2004 nonostante le centinaia di chilometri da percorrere con la mia
ex Lancia Delta, collocato sui sedili posteriori opportunamente ripiegati, ma
con la forcella anteriore smontata in quanto lo spazio non era sufficiente.
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Ecco come si presentava.
Beh … non è un gran ché ... ma è pur sempre Iso.
Come si può vedere dalla foto è privo del silenziatore, dei
pedali, del cavalletto e di tutta la trasmissione secondaria. Anche lo stato di
corrosione del parafango posteriore fa pensare ad un improbabile recupero, nonché la rottura della molla della sospensione posteriore ed infine il colore
non sembra essere il suo originale. Pur consapevole che i ricambi sono
impossibili da reperire ho sempre pensato che nessuna difficoltà mi poteva
fermare ad un suo completo recupero.
Tutto ciò che si può dire del suo passato è solo grazie
alla decalcomania del concessionario della provincia d’Asti visibile sul
parafango anteriore. La sua costruzione risale all’estate del 1955, l’anno
risulta anche sulla targhetta del motore. L’assenza del fazzoletto di rinforzo
sul forcellone posteriore fa pensare ad una prima produzione, ma non dei
primissimi in quanto monta il carburatore definitivo Dell’Orto T1-12 SA anziché
Pallas M12 dei primi 150 esemplari.
Fu necessario ricostruire il cavalletto, come fare se non ho
campioni alla mano ma solo foto? Mi è venuto in soccorso un collezionista Iso
che non ha esitato ad inviarmi a casa un cavalletto originale. Il cavalletto
originale, infatti, nella maggior delle volte andava sostituito in quanto fragile. Fortunatamente il cavalletto è costituito semplicemente da un tondino
di ferro piegato e saldato.
Un altro problema è stato invece la marmitta. Anche in
questo caso sono stato aiutato, ma stavolta dal registro storico Iso di Milano
che mi ha fornito un’originale con cui ho fatto fare una fedele riproduzione
da un meccanico specializzato in marmitte, la spesa è stata impegnativa ma ne
è valso.
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Un’altra nota merita il parafango posteriore: dopo averlo
smontata e disincrostato dalla ruggine il suo stato si presentava piuttosto
precario, la lamiera già molto sottile era in molte parti talmente corrosa da
esserci lunghe crepe sul dorso e assenze di materiale. Il mio saldatore e il
carrozziere si rifiutarono di metterci le mani.
Infine consultando un sabbiatore decedemmo di fare un
trattamento leggero cercando di salvare il salvabile. Successivamente sagomai
alcune pezze in lamierino di latta e le saldai direttamente nella parte
inferiore a stagno. La bassa temperatura mi permise di non bruciare la sottile
lamiera e di coprire nonché rinforzare il parafango. Decisivo per la sua
robustezza è stato l’aver aperto il risvolto
laterale ed aver annegato, sempre con lo stagno fuso, due archi di
tondino di ottone su entrambi i lati.
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Il motore è semplice e non richiede particolari abilità per le operazioni
di manutenzione. I paraoli e i cuscinetti sono di tipo commerciale e sono facile
da reperire. Tuttavia è stata costosa ricostruire la trasmissione secondaria
per la quale ho dovuto adattare una corona e un pignone da ciclomotore più
recente.
Per il telaio è stato necessario solamente riprodurre alcuni
bulloni in passato sostituiti, alcuni sulla forcella altri sui parafanghi e
alcuni ingrassatori.
La vernice la feci riprodurre su campione delle tracce
rimaste, in quanto lo stesso non è catalogato nell’archivio della Lechler.
Una volta verniciato e fatto l’opportuno trattamento
galvanico alla bulloneria inizia la parte più divertente del restauro,
l’assemblaggio.
Ma a causa del poco tempo mi sono occorsi diversi mesi per
riassemblarlo, ma a fine 2007 finalmente l’Isociclo è completo, non mi
rimaneva che avviarlo e testarlo. La messa in moto si rivelò piuttosto facile e
dopo pochi metri di spinta il motore gira sicuro, al comando dell’acceleratore
risponde bene e dopo un breve riscaldamento e registrazione tiene già il
minimo, non mi restava che cavalcarlo.
Non mi rimaneva che procurarmi ora gli idonei documenti per
poterlo usare su strada, ma la cosa si rivelò priva di imprevisti.
La difficoltà principale era che nessuna motorizzazione da
me interpellata conservava alcuna documentazione non era pertanto possibile
produrre il regolare libretto di circolazione, questi veicoli infatti negli anni
cinquanta erano considerati velocipedi non sottostavano alla procedura di
omologazione.
Tentai anche col certificato delle caratteristiche tecniche
della FMI ma non servì.
Finché, con l’aiuto di un’agenzia, la MTMC di una
provincia limitrofa non fece alcun ostacolo e dopo verifica dell’ingegnere fu
possibile la compilazione del libretto di circolazione coi dati tecnici rilevati
direttamente sul posto e l’assegnazione quindi di una targa di tipo nuovo per
ciclomotore.
Devo affermare che va meglio di quanto mi aspettassi, parte
bene senza incertezze al primo colpo di pedale, le marce se ben regolate si
innestano facilmente.
Il rapporto tra la prima e la seconda marcia è proporzionata
anche se richiamerebbe un rapporto più lungo per la velocità di crociera.
I freni fanno quello che possono, non consentono di
effettuare frenate di emergenza ma solo morbidi rallentamenti, anche se
spingendo a ritroso sulla pedaliera con fondo stradale favorevole si riesce a
far bloccare la ruota posteriore ma quello anteriore aiuta a poco.
Il consumo è veramente parco e si avvicina a quanto
dichiarato dalla casa.
L’unica nota dolente è il cambio che tende a far uscire la
marcia specie quella di più bassa.